domenica 30 dicembre 2012

Auguri

Per prima cosa grazie di cuore a tutti i magnifici (blog)amici che mi hanno fatto gli auguri nel post precedente.  Mi perdonerete i ringraziamenti collettivi, quando avrei certo dovuto rispondere a ognuno. Non ci sono riuscita, mi costa un po' anche questo post.

Grazie anche agli amici di fb.

E' stato uno strano, strano Natale. Obliquo. Scivoloso fra il pianto e il riso, scivoloso fra le bimbe che scartavano pacchetti e le telefonate dei parenti, ma come ma così all'improvviso ma perché.

Perché. Non lo so. Forse perché lo sapeva, sapeva che ci saremmo stretti tutti, con la scusa del Natale, ci saremmo tenuti compagnia invece di piangere da soli.
Ma lui avrebbe detto che son tutte balle e che la gente muore quando è la sua ora e Seavessi fàmi nén gnì fòl.

Così ora invece è tempo di propositi, immagino. Cerchiamo di farne di sensati, tanto che perdiamo (io o voi) dieci chili entro l'estate non ci crede nessuno. Forse possiamo perdere tre etti a testa e dire che vale cumulativo.

Io ne farò uno solo: imparare le priorità.

Che per me vuol dire darmi una calmata secca con la ricerca del lavoro, che è sì importantissimo, ma ritrovarsi con una quattrenne che dice mamma non piangere ti aiuto io a cercare il lavoro vuol dire che non hai solo passato il segno, l'hai doppiato due o tre volte e continui a correre come la più pazza delle cretine.

Che per me vuol dire capire che posso usare questo periodo di stop, e guardarlo in faccia e dire la verità, che stare ferma mi fa paura soprattutto perché mi costringe a ragionare su me stessa, cosa che aborro quanto i calzini che pungono.

Che per me vuol dire smettere di pensare che deve essere tutto perfetto non per amore di perfezione, ma perché se sbagli un gesto, un tempo, un sospiro, le persone che ami potrebbero scomparire travolte dal cumulo dei tuoi difetti, che sprechi tanto di quel tempo a chiederti come qualcuno possa amarti comunque che non ti resta il tempo per sentire altro. E soprattutto, è una grossa ingiustizia verso le persone che ami.

Che per me vorrà dire molte altre cose, e le imparerò un giorno alla volta.

A me stessa, auguro solo di riuscire in questo.

A tutti voi, dovrei augurare fortuna, lavoro, Colin Firth che buca una gomma davanti casa vostra e vi si palesa alla soglia chiedendo di usare il telefono, figli chi ne vuole, salute e soldi per tutti.
Vi auguro una qualunque di queste cose, o tutte, e se siete veramente amici chiamatemi quando arriva Colin.

Ma vi auguro, soprattutto, di amare e di essere amati, e di sentirvelo addosso.

lunedì 24 dicembre 2012

Buon Natale

a quelli che stasera una sbirciatina al cielo per vedere la slitta la daranno, e poi si vergogneranno e si metteranno a ridere

a quelli che stanotte le lucine si lasciano accese

a quelli che sbavano davanti ai pacchetti rettangolari e sperano non ci sia il libro di Vespa

a quelli che cheppalle il Natale

a quelli che cheppalle chi non gli piace il Natale

a quelli che ci mancano

a quelli a cui manchiamo

a quelli che non ci sono più

a quelli che non ci sono ancora

a quelli che avrebbero bisogno di regali così grossi e importanti che non osano chiederli neanche a babbo natale

a quelli che speriamo di tutto cuore che li ricevano

a quelli che si son presi il virus vomitillo proprio quando c'è da preparare l'impossibile

a quelli che fa niente, e mettono su War Is Over e se la fanno passare

a quelli che basta che ci sia un cartoccio luccichino, poi dentro va bene pure un paio di calzini. Anzi magari!

e a tutti quelli che mi sto dimenticando

a tutti tutti


un meraviglioso Natale

venerdì 21 dicembre 2012

Ricamo (per Doug e per i Maya)

Scusate, ma è un racconto di una bellezza struggente e non avrò mai più l'occasione di pubblicarlo sostenendo che è "a proposito".
E' per Doug che sicuramente lo conosce ma spero apprezzerà rileggerlo, e per tutte voi. Anche se è triste, è talmente bello.


 Ricamo
L'aria del portico scuro nel pomeriggio inoltrato era piena di bagliori di aghi, simili al movimento di un nugolo di insetti argentei nella luce. La bocca delle tre donne era serrata sopra il lavoro. I corpi si spingevano all'indietro e poi si chinavano in avanti, impercettibilmente, tanto che le sedie a dondolo si muovevano e mormoravano. 
Ogni donna si guardava le mani, come se all'improvviso vi avesse trovato il proprio cuore che batteva là.«Che ore sono?»«Le cinque meno dieci.»«Fra un minuto devo alzarmi per sgusciare i piselli per la cena.»«Ma...» disse una di loro.«Ah, sì, l'avevo dimenticato. Che sciocca...»
 La prima donna s'interruppe, posò l'ago e il ricamo e guardò attraverso il portico, verso il caldo in-terno della casa tranquilla, verso la cucina silenziosa. Là, sul tavolo, simbolo di vita domestica più di qualunque altra cosa lei avesse mai visto invita sua, c'era il monte di piselli appena colti, chiusi nelle lucide bucce ela-stiche, in attesa che le sue dita li portassero al mondo.
«Va' a sgusciarli, se ti fa sentire meglio» disse la seconda donna.
«No» rispose la prima. «Non lo farò. Non lo farò, e basta.»
La terza donna sospirò. Ricamò una rosa, una foglia, una margherita su  un campo verde. L'ago da ricamo si alzò e scomparve.La seconda donna lavorava al ricamo più bello, più delicato di tutti; infilava e ritirava abilmente l'ago veloce attraverso interminabili viaggi. Il suo attento sguardo scuro seguiva ogni movimento. Un fiore, un uomo, una strada, un sole, una casa; la scena cresceva sotto la sua mano, una bellezzain miniatura, perfetta in ogni particolare.«In momenti come questo» disse la donna, e le altre annuirono, tanto dafar dondolare di nuovo le poltrone «sembra di avere solo le mani.»«Secondo me» aggiunse la prima «le nostre anime sono nelle nostre ma-ni. Perché noi facciamo
qualunque cosa
al mondo, con le mani. A volte,però, penso che non usiamo le mani al pieno delle loro capacità. Certo non usiamo la testa.»
Tutte e tre scrutarono più attentamente quello che le loro mani facevano.«Sì» disse la terza donna «quando si guarda indietro a un'intera vita, non si ricordano tanto le facce, quanto le mani e quello che facevano.»
Si raccontarono i coperchi che avevano alzato, le porte che avevano aperto e chiuso, i fiori che avevano raccolto, le cene che avevano preparato,tutto con dita lente o veloci, com'era loro abitudine e uso. Guardando indietro, si vedeva uno sfarfallio di mani, come il sogno di un prestigiatore, porte che si spalancavano, rubinetti che si aprivano, scope che si muovevano, bambini che venivano sculacciati.
Lo sfarfallio di mani rosee era l'unico suono; il resto era un sogno senza voci.
«Niente cena da preparare per stasera, né per domani, né per dopodomani» disse la terza signora.
«Niente finestre da aprire o da chiudere.»«Niente carbone da spalare dentro la caldaia, l'inverno prossimo.»«Niente giornali dai quali ritagliare le ricette.»E all'improvviso stavano piangendo.
 Le lacrime rotolavano dolcemente giù per le loro facce e cadevano sul tessuto sul quale si muovevano le loro mani.
«Così non serve a niente» disse finalmente la prima signora, portandosi il pollice prima sotto un occhio, poi sotto l'altro. Si guardò il pollice e vide che era bagnato.

«Guardate cos'ho combinato!» gridò la seconda signora, esasperata. Lealtre si fermarono e si sporsero a guardare. La seconda signora alzò il ri-camo. La scena era perfetta in tutto, tranne che mentre il giallo sole rica-mato brillava sul verde prato ricamato, e la strada marrone ricamata curva-va verso una casa rosa ricamata, l'uomo sulla strada aveva qualcosa di sbagliato nella faccia.«Praticamente, devo scucire tutto il disegno, per sistemarla» disse la se-conda signora.«Che peccato.» Fissarono tutte, con intensità, la bella scena con il difetto.La seconda signora cominciò a tagliare il filo con le agili forbicine che scintillavano. Il disegno venne via filo dopo filo.
La donna tirava e strappava, quasi con cattiveria. La faccia dell'uomo era scomparsa, ora. La donna continuò a tirare il filo.
«Che stai facendo?» chiesero le altre donne.Si chinarono e videro che cosa faceva.L'uomo scomparve dalla strada. La donna l'aveva tolto completamente.Non dissero niente e tornarono al loro lavoro.
«Che ore sono?» chiese una.«Le cinque meno cinque.»«È alle cinque che dovrebbe accadere?»«Sì.»«E non sono sicuri di quello che farà alle cose, quando accadrà?»«No, non ne sono sicuri.»«Perché non li abbiamo fermati prima che si arrivasse così avanti, prima che ingrandisse tanto?»«Già, è grande due volte quello che è mai stato. No, dieci volte, forse mille.»
«Questa non è come la prima o come la decima volta. Questa è diversa.Nessuno sa che cosa potrebbe fare, quando arriva.»
Aspettarono sotto il portico, fra l'odore di rose ed erba tagliata. «Che ore sono?»«Le cinque meno uno.»Gli aghi riflettevano lampi di fuoco argentato.
Saettavano come un minuscolo branco di pesci metallici nell'aria estiva che si andava oscurando.Lontano, un suono di zanzara. Poi qualcosa come un tremore di tamburi.Le tre donne chinarono la testa, in ascolto.
«Non sentiremo niente, vero?»

«Dicono di no.»«Forse siamo stupide. Forse, dopo le cinque, continueremo a sgusciare piselli, ad aprire porte, a mescolare minestre, a lavare piatti, a preparare pranzi, a pelare arance...»«Santo cielo, come rideremo al pensiero di esserci spaventate per un vecchio esperimento!»Si scambiarono un breve sorriso.«Sono le cinque.»A queste parole, sussurrate, si immersero nel lavoro. 
Le loro dita saettarono. Le facce erano chine sui movimenti delle dita. Seguirono frenetica-mente il disegno. Ricamarono lillà, erba, alberi, case e fiumi sul tessuto.Non dissero niente, ma si sentivano i loro respiri nella silenziosa aria del portico.
Passarono trenta secondi.Alla fine, la seconda donna sospirò e cominciò a rilassarsi.«Penso che dopo tutto andrò a sgusciare i piselli per la cena» disse.«Ho...»Ma non ebbe tempo neppure di alzare la testa. Da qualche parte, ai margini del suo campo visivo, vide il mondo illuminarsi e prendere fuoco.Tenne la testa bassa, perché sapeva che cos'era. Non alzò lo sguardo, così come non lo alzarono le altre, e nell'ultimo istante le loro dita volarono.Non guardarono attorno per vedere che cosa stava accadendo al paese, alla città, a quella casa o perfino a quel portico. Fissavano solo il disegno sotto le loro mani in movimento.La seconda donna guardò un fiore ricamato scomparire.
Tentò di rimetterlo al suo posto ricamando, ma se ne andò e poi scomparvero la casa, e i fili d'erba. La donna guardò un incendio, quasi al rallentatore, appiccicarsi alla casa ricamata e distruggerla, e strappare ogni foglia ricamata dall'alberello verde, e vide lo stesso sole strappato dal disegno.
Poi l'incendio prese la punta in movimento dell'ago mentre ancora balenava. La donna guardò il fuoco salire lungo le sue dita, lungo le braccia e il corpo, srotolando il filo del suo essere così dolorosamente che lei poté vederlo in tutta la sua maligna bellezza, mentre strappava il disegno dal tessuto che aveva in mano.
Che cosa stava facendo alle altre donne, o al mobilio, o all'olmo nel cortile,non lo seppe mai. Perché ora, sì, ora!, piluccava il ricamo bianco della sua carne, e alla fine trovò il suo cuore, una morbida rosa rossa cucita col fuoco, e ne bruciò i freschi petali ricamati, un delicato petalo alla volta...



Ray Bradbury, in Le auree mele del sole (The Golden Apples of the Sun, 1953)

giovedì 20 dicembre 2012

Azzurro

Dovete sapere, cari bambini, che Seavessi gna fa a Natale a regalare a MaritoNP una cravatta.
O un maglione.
o una sssssiarpa.

Che pure il marito di cui sopra gradirebbe eh! Ma no, a noi ci piace quel brivido dell'imprevisto.
E così, Seavessi ha comprato per MaritoNP un materassostrafigodilatticememoryaloevera (fiato) antiacaroanallergicoantifurtosatellitaregps (fiato) che appena lo togli dal celofan ti disinstalla Raiuno e Retequattro dal decoder.
Cioè una può dare dentro il marito e tenere il materasso.

E in tempo di guerra che si butta via niente te hai speso quantooooo???? Direte voi cari bambini.

Eh no! Perché Seavessi ha il braccino corto ma i ditini lunghi e la cognizione scarsa. Per cui il supermaterasso l'ha trovato su ebay.

Sì, ebay.

Il luogo d'acquisto più ricco di sole dell'universo creato.

Scontato al 75%.

Seavessi l'ha visto e ha gridato MIOOOOOOOOO, dopodichè ha chiamato diciotto volte il numero verde del venditore per sapere se sul super materasso ci stavano le lenzuola dell'ikea o se andava più spesso o più sottile, e solo quando la signorina dall'altra parte è scoppiata in lacrime Seavessi s'è decisa e l'ha ordinato. 

Ora dovete sapere, cari bambini, che le cognizioni geografiche di Seavessi sono vaghe e indistinte, si fermano a concetti tipo vicino, lontano, al mare, ci abita la Chiara, ci abita la Gì. La Tina non si stupirà nè scandalizzerà scoprendo che dove abiti lei per Seavessi è un luogo piuttosto indistinto e difficile da collocare se non per la vaga associazione di idee ci sono i tartufi.

Seavessi ha letto da dove arrivava il materasso, e ha pensato ma sì, mi pare sia dalle parti di Bergamo, mal che vada lo vado a prendere in macchina.
Poi NonnoG ha detto sì, beh, non proprio dalle parti di Bergamo, quegli 800 km più giù. Forse in macchina è lunga.

Per farla breve, comunque, il materasso è arrivato in frettissima, e per un po' è rimasto arrotolato nel bagno, presenza sinistra e inquietante.

Però ieri c'era un bel sole, e Seavessi ha detto MaritoNP, apriamo il materasso, così prende aria.
E i due hanno aperto il materasso nel microportico, al sole.

E tempo zero Seavessi ci si è sdraiata sopra, al sole.

E tempo zero MaritoNP ha sibilato piantala, che ti vede il vicino.

E Seavessi ha detto piantala tu e vieni qui, è così bello.

E MaritoNP ha fatto un po' il sostenuto e poi si è sdraiato di fianco a Seavessi, sotto il sole.

E per quanto fossero in definitiva due squinternati e un materasso, il cielo era così azzurro.

Ma così azzurro.

lunedì 17 dicembre 2012

I colori della terra

Ve la racconto così com'è andata senza ricamarci troppo.

Discount. Non troppo affollato. Seavessi in fila alla cassa abbracciata a un frullatore a immersione in offerta, la cui confezione ha le dimensioni di un'utilitaria. Sapete quelle casse con il rullo lunghissimo, che tempo che arrivi dalla cassiera sei diventato parente col tizio prima di te.

In tali circostanze la vecchina s'è scordata di pesare l'uva. E dice "vado un attimo, faccio in fretta eh?" e si allontana, più veloce di un oggetto fermo. Non di molto.

Seavessi fissa il vuoto abbracciata al frullatore pensando se mai farà in tempo a fare tutto e speriamo che non rinviino sanremo e a me i Negramaro non fanno impazzire ma il Giuliano mi smuove ormoni in letargo dal '92. Chissà se con un po' di fortuna si smuove pure la vecchina. Insomma le robe che si pensano alla cassa. 
La cassiera spiega, preoccupata, che domani ha la prova del concorsone e ha chiesto di uscire prima per ripassare le ultime cose, insomma il mood non è dei migliori.

Just out of the blue, alle spalle di Seavessi Michael Bublè esclama _tesoro, assolutamente quel rossetto NON VA BENE!

La cassiera colpevole di errato rossetto e io ci giriamo. Non c'è Michael Bublè, ci sono due trans bellissime e curatissime che io neanche il giorno che mi son sposata.
Noi le guardiamo.
Loro ci guardano.

E improvvisano una lezione di trucco personalizzato che la Clio se la sogna, infarcita di _amore, _tesoro ogni due parole. In effetti Seavessi capisce quasi solo Amore Tesoro e Primer, ma sono così gentili, così sorridenti, così impreviste, così una carezza quando non te l'aspetti che Seavessi potrebbe mettersi a piangere lì sul posto.
Qualche problema di emotività, Seavessi, ultimamente.

Alla fine arriva la vecchina con l'uva pesata che ormai ha fatto i viticci e cerca di abbarbicarsi al pos del bancomat, resteremmo qui ore ma quasi sicuramente ora la vecchina dirà che lei ha fretta mica ha tempo da perdere ah i giovini d'oggi ai miei tempi saltavamo i fossi per il lungo.

la Mora_... e ricordati, coi tuoi colori devi sempre usare i colori della terra, marroni verdi oro e bronzo. E prova a mettere l'eye liner come ti ho spiegato, vedrai che riesci.
Seavessi (con gli occhi grossi così ) _grazie, davvero!
la Mora _ma figurati amore, è il mio lavoro!
Seavessi _(che ha litigato a morte con la sua  estetista storica per una storia di scontrini non emessi) davvero, fai l'estetista? Dove lavori? 
la Mora _ amore non te lo dico, non l'ho mica fatto per farmi la cliente amore... era un regalo di Natale.

e se ne va in un alone di gloria.

O almeno, così l'ha vista Seavessi.

domenica 16 dicembre 2012

Cara maestra (in bocca al lupo)

Cara maestra,

so che nei prossimi giorni tu, e tante altri colleghe e colleghi, amici e sconosciuti, avrete da prendervi a testate con la prova preselettiva del concorso a cattedra, che da quel che ho capito se la passate vincete di poter partecipare al Concorsone. Tutta una cosa molto italica, dunque.

Cara maestra, io non ho nessun tipo di competenza per capire se il Concorsone e relativa prova preselettiva sono la scelta giusta, se invece era meglio integrare i precari (fossi una precaria della scuola mi girerebbero a elica, ma magari è giusto così).

I quiz delle prove preselettive che ho letto sono qualcosa che rasenta la follia. Mi sfugge un po' quali siano le competenze che dovrebbero essere valutate, a parte le capacità di lavoro sotto stress  - che però immagino siano piuttosto comuni fra gli insegnanti - e una buona dose di fattore C.

Tutta la situazione è piuttosto surreale.

Però.

Dal mio incompetentissimo punto di vista, il Concorsone ha almeno un merito, fra tanti difetti, e cioè che è qualcosa dopo anni di nulla.

Vorrei sperare con voi che fosse un inizio, uno sgraziato, pasticciato, barcollante inizio.
Vorrei sperare con voi che da qui in poi le cose andranno meglio, posto che peggio è difficile.
Vorrei sperare che la smettessimo di smantellare la cosa più importante del nostro strano Paese mattone dopo mattone.

Spero con voi.

Capita spesso che fra mamme e insegnanti non ci si capisca. Sembra di non parlare la stessa lingua, a volte. Chissà se capita anche alle mamme insegnanti, e come si sentono a saltare di qua e di là dalla barricata.

Credo però che questa cosa la dobbiamo affrontare tutti insieme, perché ciò che ne uscirà sarà il futuro dei nostri figli.

In bocca al lupo, con tutto il cuore.

una mamma.


giovedì 13 dicembre 2012

#leaveamessage

Sì, domani partecipo anche io.



Io e i miei dubbi.

Cosa lascio cosa che nella Piccola città siamo in dieci di cui twitter lo usiamo in due e all'altro faccio prima a telefonare per gli auguri.

Cosa scrivo, cosa dico, che possa strappare anche un mezzo sorriso a chi legge.

Non è un bel momento. Per tanti le cose sono difficili. Non farebbe venire l'istinto omicida il doppio leggere il mio zuccheroso biglietto?

E poi mi è partito un rant tremendo.

No.
Non io.
Non diventerò una di quelli che Come stai? Eh... siamo ancora qui... si tira avanti...
Non diventerò una di quelli che non c'è più niente da fare
Non diventerò una di quelli che tanto va tutto a ramengo
Non diventerò una di quelli che ma sì tanto è lo stesso.

Lo stesso una beata fava. Casalinga di Voghera ok, ma so ancora distinguere quello che voglio.

Voglio essere una cosa bella nella vita di chi ho intorno (e grazie, sempre, alle tre grazie e a miglioreamica che me lo ricordano).
Voglio sorridere all'impiegata della posta, che ne ha basta anche lei del pc che non funziona dei clienti che smadonnano e dell'ufficio commerciale che le ulula vendivendivendi.
Voglio dire Buongiorno e Perfavore e Grazie al signore che mi fa il caffè in stazione a Porta Nuova,  anche se quando glielo dico mi guarda come se fossi una forma di vita aliena.
Voglio chiedere alla cassiera del super con le occhiaie viola come sta e se vuole un moment, e se il tizio dietro di me sbuffa fa doppia fatica.

Il fatto che lo Voglia non implica che ci riesca sempre, ma lo Voglio lo Voglio lo Voglio.

Lo voglio anche da Casalinga di Voghera.

E ho finito per introdurre un'iniziativa bella e dolce e natalizia (cliccate qui  per i dettagli dettagliati) con uno sproloquio senza senso. Fa niente. 
L'ho detto, ricominciamo senza pretese.

Per cui domani sparpaglierò per il mondo i miei sorrisi di carta, perché anche nei momenti difficili è meglio un sorriso che l'ennesimo schiaffo.

martedì 11 dicembre 2012

ABC del mio Natale

chè io alla Micaela non so dir di no. 
E. 
Sono in astinenza da elenchi.

A come Agosto, il 16. Giorno in cui a parer mio diventa legittimo e sacrosanto pensare a regali addobbi e in generale entrare in Chsistmas Mood.

B come Bozzo. Me ne sono fatta uno urendo su una gamba contro la scala retrattile (?) del solaio, aiutando il MaritoNP a tirar giù gli scatoloni.

C come Christmas is all around. Se non conoscete, conoscevate. Se non avevate visto il film, vedevatelo.



D come Dove hai messo la ciabatta e la prolunga per le lucine fuori? No non è fra le mie priorità che sei in riunione col capo incazzato e tre clienti rognosi, dimmi dove sono le lucine. Dove le hai messe? Lo fai apposta a perdermi gli attacchi delle lucine? Lo sai che ci resto male se il vicino le mette prima? Dove sono le ciabatte e la prolunga? E dov'è la stella cometa a led? Pronto? Pronto?

E come Ebay, Ibs, Amazon. La Mecca del regalo per chi non sa parcheggiare in retro.

F come Finestre. Le finestre delle case, e camminare la sera e vedere dentro gli alberi illuminati.

G come giocattolo. Il mistero delle dimensioni dei giocattoli. Più il bimbo è piccolo più il giocattolo ha le dimensioni di un monolocale. Me l'ero quasi dimenticata  finché non ho visto quelle specie di postazioni di comando dell'Enterprise con 48 attività (che MAI che una fosse Facciamo il Caffè a Mamma) indicate come adattissime agli <1.

H come Hai fatto tutto? No ovviamente no. Per quanto io cominci i preparativi ad agosto (vedi A) il pomeriggio del 24 fatalmente salta fuori la carta imprevisto e ZiaBella viene spedita, per dire, a comprare due chili di mozzarella di bufala sotto una tormenta di neve.

I come Immagine. Mio padre, mia madre, mia sorella e mia figlia che addobbano l'abete in giardino e ridono, e fa freddo e il sole brilla da fare male agli occhi.

L come Lentezza. A Natale me ne concedo un po', è il mio privatissimo regalo a me stessa, il più difficile da fare, quello che mi costa e mi serve di più. Ma anche come Libro, che bello vedere sotto l'albero i pacchetti rettangolari e pensare oooh chissà chissà.

M come MaritoNP. Quest'anno per la prima primissima volta da che viviamo insieme, MaritoNP ha partecipato alla Cerimonia di Preparazione Albero e Presepe. Che quest'anno, ovviamente, sono bellissimi. Uguali agli altri anni ma bellissimi.

N come Non importa. Non importa, alla fine, di cene, regali, lucine, addobbi, non importa. Fammi un sorriso, e sarà un bel Natale.

O come Oddio la recita è domani, Infanta la sai? Ripetiamo insieme.

P come Primo. Il primo Natale di Revoluciòn.

Q come Quelli che ohhhhh io il Natale non lo soppooooooooortoooo ah che roba banaaaaaaaaaaleeee io se potessi scapperei in (inserire paese a caso dall'aria poco natalizia). Amico. Mi vedi che son qui che ho le lucine pure in testa? Che vo in giro cantando la Mariah Carey? Che camminando emetto rumore di campanellini da slitta? Mi vedi? Fissami nelle pallette degli occhi e valuta l'interesse che suscita in me il tuo pensiero.

R come Russa, insalata (sì ho barato, mbè?). Che mia mamma la fa spettacolarmente buona, e il giorno di Natale fa anche tutti i fiorellini con la verdura e porta in tavola questa cosa spettacolare e buonissima.

S come Silenzio. Zitte bambine, dormite presto, chiudete gli occhi che deve venire Gesù Bambino.

T come Ti voglio bene. Il più bello dei regali, è un regalo per chi lo fa e per chi lo riceve, costa niente e fa un effettone e rimane nel cuore. Pubblicità Progresso per il Regalo Ti Voglio Bene. Se però vi sgarate magari a scriverlo su un biglietto è ancora più bello. 

U come Una storia, mamma mi racconti una storia? Una storia di Natale?

V come V., il più anziano dei miei cugini, facente funzione di zio, che il pomeriggio di Natale ci racconta le storie paurose del trisnonno mago, e sembra di stare intorno al camino cent'anni fa.

Z come zampogna. Ho un meraviglioso cd di Zampognari  Natalizi Ululanti che chissà perchè la mia famiglia non apprezza. Son cose neh?

domenica 9 dicembre 2012

Timidamente

Scriviamo un post.

Solo perché mi mancava.

Senza nulla di particolare da dire. Mettiamo il mare come sfondo. Mi manca così tanto.

Solo perché nell'ultima settimana mi hanno detto delle cose, ovviamente non riguardo al blog.

Il marito.
I NonniG.
ZiaBella.
Miglioreamica, per ultima.

Riflettiamo sul fatto che forse hanno ragione.

Riflettiamo sul fatto che ci sono state persone che mi hanno scritto o tuittato per chiedere che diamine mi fosse preso, beh, non lo so. Mi faceva pressione anche il blog.
Ma che qualcuno mi chieda, che a qualcuno importi abbastanza per trovare il tempo in mezzo a tutto il resto di mandarmi un tuit. Questo non è pressione. 
Io lo sento come affetto.

Proviamo a scrivere due righe senza pretese che siano intelligenti o importanti o brillanti, ché tanto non lo erano neanche prima. 
La parola chiave è senza pretese.

Il senso è che c'è un pettirosso sulla finestra, da un po', e dovevo dirlo a qualcuno.


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